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P. Gabriele Spiga Bangladesh

Scritto da Virginio Simoncelli il .

Nel povero villaggio di Bagachara ero, come si dice, l’unica mosca bianca: tutti pensavano che ovviamente fossi un gran signore e si stupirono che con le mie stesse mani riparassi le due capanne di terra e paglia, di seconda mano, in cui mi ero adattato a vivere e ancor più si meravigliarono quando affrii la capanna più bella alla prima famiglia di disabili che accolsi con me, e io mi adattai a vivere nella peggiore. Oggi la situazione è migliorata moltissimo in tutto il villaggio,
e anche il nostro piccolo centro “Asharbari” (che significa “Luogo della speranza”) ha cambiato aspetto pur restando piccolo e semplice. Fin da subito la gente ci affibbiò un altro nome:”Cristan bari” che significa “casa del cristiano”, ma non per discriminarmi (tutti mi han sempre voluto bene), ma forse per la credenza che se uno è bianco e non è musulmano o hindù certamente è cristiano; per loro ogni essere umano nel suo DNA deve pur avere una religione che lo definisce.

Inizialmete accolsi qualche poliomielitico che avendo abbastanza forze poteva almeno imparare ad aggiustare biciclette, o a fare uno sgabello, una sedia, un tavolino: e con un lavoro si realizzava la prospettiva di una vita normale con matrimonio e figli. Ora la polio è praticamente scomparsa, per cui accolgo qulche incidentato paralitico bisognoso di un “buon samaritano” (o meglio…dell”oste” del buon samaritano) che gli curi le piaghe da decubito.

La nota più gioiosa di Asharbari viene da una piccola frotta di bambini che, troppo poveri per pagarsi “la ripietizione”, dalle 6,30 alle 11 del mattino invadono il nostro giardino/cortile non solo per la “tuition”gratuita, ma anche per divertirsi con le altalene e piccole biciclette e tricicli che mettiamo a disposizione. Il giovedì passano da noi i cosidetti bikuk (accatoni), in tutto una ventina di vecchietti o vecchiette, per l’elemosina; se qualcuno necessita di una medicina particolare collaboriamo.